IV Tappa LLCC 2020: Vallelunga

“E anche un’altra tappa del Challenge l’abbiamo messa sotto la cintura” penso oggi… “per un pelo!”
E’ stata un’impresa in continua salita, prima i casini con l’albergo, poi “Occa**o! Ho dimenticato il casco a casa!!” dopo già più di un’ora di autostrada… e poi ancora altri casini con l’albergo.
Ma venerdì chi se lo immaginava.

Arriviamo in pista che l’aria è carica e frizzate; per me non è una sensazione nuova quella di tornare tra i cordoli dopo una pausa di quasi un anno, ma stavolta è diverso. Stavolta per tanti è la prima tappa dopo il lockdown e stare a Vallelunga per riprendersi dal torpore è andarci cauti come tuffarsi di testa in mare dopo la grigliata di ferragosto.

Non imparerò mai a gestire con ordine tutte quelle piccole cose da fare prima di iniziare il primo turno… Così, dopo aver sbrigato briefing e burocrazie varie corro per gli ultimi aggiustamenti. Per fortuna gli altri 2 Drive Therapist hanno pensato a tutto il resto: semislick montate, pressioni settate, telecamera montata etc etc… Mi resta solo da tirare via il sedile del passeggero, sia mai che qualche chilo in meno mi faccia sembrare meno brocco, e visti i lunghi rettilinei stavolta mi dedico anche alla follia di togliere i tergicristalli!
Casco in testa, guanti addosso, cinture strette a morte e pronti, si va al serpentone prima dell’accesso!
Una voce fuori campo dice:
“Aho! Vedi che c’hai er cofano aperto!”.

E’ il santo netturbino della pista, che ha visto un piccolo dettaglio…

“Davvero?? Sono legato come un caciocavallo! Me lo puoi chiudere tu per favore?”
“Si si, se no ‘o sai che schioppo che te fa!”.

Dopo mille ringraziamenti è la volta buona che sono davvero pronto a partire.

L’uscita dei box è subito dopo il traguardo e ti butta direttamente dentro Curva Grande, un curvone velocissimo, se c’hai er mezzo… il lavandino da corsa… è un lavandino… fa quello che può.
Inizio comunque cauto visto il fresco mattutino, le gomme congelate e le pressioni basse, ma il mio essere cauto solitamente dura 3 curve. Stavolta, incredibilmente, è durato un giro intero: ripassando in curva grande già pensavo che avrei dovuto provare a farla in pieno!
In questo primo turno ho fame di fare subito bene: l’obiettivo portato da casa è scendere sotto i 2 minuti. Il primo giro dopo quello di lancio è già lì, 2 minuti secchi, e ora la mente mi frega perchè voglio tutto e subito. Il giro successivo inizia con un sorpasso all’uscita di Curva Grande, che mi fa esaltare come poco, e continua esagerando in ingresso di Cimini 1. Le pressioni delle gomme saranno già schizzate alle stelle, la macchina scivola tanto col muso, ma io sto facendo il macellaio e sto staccando sempre troppo troppo tardi e chiudendo troppo lo sterzo. Arriva la Campagnano e cerco di ricalibrare, ma comunque perdo di poco la corda, dovrei essere ancora più gentile ma non ci sto minimamente pensando, uso tutta la pista fino all’erba e poi arrivo alla Soratte che, per un qualche allineamento astrale non mi riesce neanche troppo male, Trincea tutta in accelerazione (se così si può dire quando si va a tavoletta sul lavello tutto matto) ma il vero misfatto arriva al tornante Semaforo fatto come il peggior autista di rapine anni ’80, tutto di smusata come se il passamontagna potesse nascondermi dalla vergogna. La situazione non migliora per Tornantino, Esse e Roma, ma ormai la frittata e fatta, tanto è solo uno tra i primi giri, avrò modo di migliorarmi e guidare più pulito, penso. Il risultato è comunque esaltante per aver fatto così tanti errori: 1:58.240. L’entusiasmo è alle stelle, è ora di rientrare ai box dove Peppe mi aspetta per riportare le pressioni a livelli umani.
Il manometro dice 2.2 bar invece di 1.7 canonici all’anteriore, 2.1 invece di 1.8 al posteriore… Questo spiega molte cose, uscito dai box va tutto molto meglio ma dopo 2 giri di traffico intenso prendo bandiera e fine dei giochi per questo turno… mannaggia!

Sarebbe il caso di tornare nel paddock, fare gli aggiustamenti necessari e poi sgomberare il cervello pensando che l’obiettivo è già raggiunto, da ora in poi calma, niente inutile foga e solo delicatezza e guida pulita… sarebbe il caso…
Ma mentre non perdiamo un attimo a riportare nuovamente le pressioni al punto giusto e a sgrillettare gli orgasmici Öhlins, io col mio cervello cavalco ancora di più la voglia di strafare e di fare un bel 57, chissà, magari anche un 56 visto che ho guidato da cani. Di sicuro migliorerò il best precedente, penso…
E così, con questa lena, il secondo turno arriva in un attimo e inizia con quella che sembrava una buona posizione sul circuito, ma invece il primo giro buono è subito rovinato dal traffico, e poi inizia a fare un gran caldo. Cosa che non aiuta le famigerate R888R, notoriamente suscettibili se sudano troppo. E ancor meno sapere che non ho molti tentativi a disposizione.
Altro tentativo: neanche finisco Curva Grande e arriva traffico, prima staccata alla Cimini 1 e già ho dovuto mollare… vabbè… calma giovane padawan… col c**zo maestro!
Via col prossimo: ancora un po’ lungo a Cimini 1, ma non fa niente… Il problema è, invece, che già alla Campagnano inizio a sentire le gomme che mollano e iniziano a scivolare… Fa molto più caldo di quello che ci si aspetterebbe ad ottobre. Semaforo e Tornantino diventano una tragedia e l’appuntamento con l’1:57 è rimandato anche stavolta, ma il turno finisce presto, con un giro dopo l’altro in qualche modo ostacolato o buttato al vento dal troppo entusiasmo. Poco male, ce n’è un ultimo per migliorarmi, penso. Iniziando a sentire la puzza che con tutto questo pensare forse potrei anche sbagliare!

Per l’ultimo turno bisogna aspettare dopo la pausa pranzo, adesso fa veramente caldo, il che significa avere ancora meno tempo per trovare un giro buono prima che le gomme mollino. Stavolta sono completamente determinato a guidare pulito e senza esagerare, peccato che ancora non mi è entrato in testa che perdermi in battaglie e stare a scannare costantemente non aiuta, che magari dovrei lasciare che i miei 2 Drive Therapist preferiti mi guidino a trovare un buchino dove girare in solitudine.
Non c’è niente da fare, a vedere uno lì davanti che ne ha un po’ più o un po’ meno di me non riesco ad alzare il piede destro, è come se fosse tenuto giù da un macigno invisibile. E anche questo turno finisce in battaglie un po’ forzate per trovare uno spazio che non arriva mai, perchè non lo sto cercando, ma ho iniziato a divertirmi nel confronto, nelle differenze delle linee che seguono teste e macchine diverse dalla mia e che danno un fascino al Challenge che non si trova nei track day di gente “a caso”.
Alla fine un giro quasi buono esce anche, ma per mettere una ciliegina sulla torta alla giornata di guida da macellai è conclusa da una marcia persa proprio all’uscita della Roma. E quindi via, appuntamento rimandato alla prossima tappa, ma obiettivo portato da casa raggiunto: sotto i 2 minuti con un 1:58.240. Tutto questo pensare e niente migliorarsi, ma non importa.
La strada di casa è lunga, e scoprirò che riservava ancora qualche imprevisto, ma il punto non è il miglior giro, le classifiche, il meteo o la cena, il punto è che è impossibile ripensare ad un’avventura così senza sorridere. Il punto è sempre la Drive Therapy.

 

Foto a cura di Umberto Beia.